Emmanuel Babled (Amilly, 1967). Milano è per lui una seconda patria, lì ha svolto i suoi studi di design e lì ha avviato il suo studio, lasciato nel 2010, quando si è trasferito ad Amsterdam. Ma il legame con l’Italia rimane saldo. Il filo si tende sull’intensità della sconfinata curiosità per i materiali e le lavorazioni artigianali locali: il vetro (Murano) e il marmo (Carrara) su tutti. Interesse che lo ha posizionato in un percorso parallelo, a quello delle edizioni seriali, nell’autoproduzione e nelle edizioni limitate delle gallerie d’arte e design. La sua parola d’ordine è: sperimentare. Sperimentare nuove vie per conciliare tecniche tradizionali e tecnologiche che danno vita a storie di forme organiche. In cui è facile perdersi seguendo i rivoli di una creatività profonda e interiore.

Lorenzo Damiani (Lissone, 1972). Architetto, è emerso nella tornata dei “giovani designer italiani” negli anni 2000. Sviluppa i suoi progetti con un’originale autonomia e sottile rigore, distillando l’eredità lasciata dai fratelli Castiglioni, maestri putativi con i quali si è confrontato più volte. Il suo è un segno sempre nuovo, ma allo stesso tempo familiare, sintesi di riflessioni, osservazioni e visioni sull’uso degli oggetti e sulla loro natura semantica. Il tutto, filtrato dalle rivelazioni dei diversi materiali che utilizza di volta in volta e dalla consapevolezza della forza immaginifica della semplicità, sollecita continue sorprese e insoliti punti di vista sulle cose e i comportamenti. All’insegna di una inedita invenzione.

Daniele Della Porta (Salerno, 1976). Le tracce dell’influenza di Filippo Alison, sua guida nel percorso di studi di architettura, si ritrovano tutte nella sua attitudine progettuale sempre in bilico fra cultura materiale e poeticità del quotidiano, e nella capacità di mostrare la bellezza nella semplicità di una funzione. Un fare, dominato dal confronto fra designer e artigiano, dall’aderenza con il passato, e da una ferma presenza nell’oggi. Inclinazione che si rintraccia nel disegno di arredi e complementi, ma anche nella sua concezione di un art direction sensibile allo sviluppo imprenditoriale basato sulla centralità del progettista e l’abilità esecutiva di una artigianalità radicata nel territorio.

Francesco Faccin (Milano, 1977). Designer di formazione, suo materiale di elezione è il legno, una confidenza sviluppata al seguito del maestro Michele De Lucchi, con cui ha collaborato a lungo, e a lungo collaudata seguendo una naturale vocazione all’autoproduzione, sorretta da una conoscenza della produzione seriale. Predisposizione che lo porta a sperimentare campi sempre nuovi negli sconfinamenti di un progetto mirato a cercare soluzioni, anche partendo da scarti e rifiuti o da gesti e archetipi arcaici. Il senso del suo fare mira a una interpretazione scarna ed essenziale della poeticità intrinseca degli oggetti quotidiani, con un’estetica che, nella sua disarmante evidenza, ne mostra il lato più consolatorio.

Diego Grandi (Rimini, 1970). Nel 2002 fonda il suo studio a Milano, DGO_Diego Grandi Office, con cui elabora progetti nell’ambito del product, interior e design consultancy. Spazio e superficie sono le coordinate nelle quali si muove da architetto, con grande consapevolezza e maturità formale e compositiva. Un percorso che si rinnova nella riflessione costante sulla relazione variabile delle linee, dei volumi e dei colori in cui le traiettorie del pensiero seguono sviluppi matematici e influenze artistiche in modo molto personale. Una cifra divenuta ricorrente nella sua particolare abilità nel creare ambientazioni e narrazioni sia nella bidimensionalità che nella tridimensionalità, lasciando in chi osserva quel magico gusto dell’incanto riservato alle costruzioni impossibili, eppure reali.

Carlo Martino (Bari, 1965). Architetto, designer e docente, nel 2004 ha fondato a Roma, con Paola Russo e con un gruppo di suoi giovani ex studenti, Studiomartino.5 dedicandosi alla progettazione, comunicazione e strategia aziendale. Negli anni ha sviluppato una profonda conoscenza dell’ambiente bagno, cosa che lo ha portato all’art direction della Catalano e della Inova, e al conseguimento di numerosi premi e riconoscimenti. Lontano da ogni virtuosismo, predilige forme dal contenuto colto in cui è tacitamente evidente la passione per la ricerca tipologica, tecnica e formale ben riassunta in un linguaggio pulito che, non tradendo accenni al passato, proietta con chiara lucidità nelle emozioni del contemporaneo.

Marcello Panza (Napoli). Ad Aversa lavora dal 1983 nel suo studiominimo occupandosi di progettazione a tutto tondo spaziando dall’interior design al prodotto, dalla grafica alla comunicazione ambientale. La narrazione è l’aspetto che privilegia nella ricerca di un linguaggio limpido che non ammette omologazione e sovraeccitazione, ma asseconda scarti formali che investigano le proprietà dei diversi materiali con cui si prova. I materiali diventano elementi fondamentali della composizione, grafica o del prodotto, ma soprattutto della definizione della decorazione, che a volte si rintraccia in un dettaglio, altre è richiamata dalla nitidezza del segno estetico. Ma più spesso è la vera e propria anima celata nel progetto e nelle cose.

Studio AAIDO MA.
Sarah Adinolfi (Salerno, 1975), Francesco Dell’Aglio (Napoli, 1974). Entrambi architetti e dottori di ricerca in Disegno Industriale, dopo indipendenti esperienze all’estero, nel 2011 fondano insieme lo Studio AAIDO MA a Napoli. Un acronimo (A: architects, Al: Adinolfi, DO: Dell’aglio) che comprende il suono dell’ideogramma giapponese MA. Il suo significato, lo spazio fra due parti strutturali, è da ricercare nel loro modo di progettare: attento a riempire l’intervallo che si crea nella definizione di una idea. Nel movimento che parte dal concepimento, passa attraverso le diverse fasi della realizzazione, e arriva all’utilizzatore finale, i loro progetti – di interior o prodotto – si delineano attraverso nuovi valori di interazione, con l’ambiente e le persone. Creando atmosfere e giochi inaspettati.

Paolo Ulian (Massa-Carrara, 1961). Designer di formazione, ha la straordinaria capacità di mettere insieme frammenti per farne oggetti, la cui presenza interroga silenziosa perché quei frammenti sono pezzi di idee, a lungo meditate, e di esperienza fisica dei materiali e delle forme, che continuano a vibrare nella loro raggiunta, nuova, finitezza. I suoi percorsi, condivisi con il fratello Giuseppe, si perdono nelle pieghe tortuose del progetto e della sperimentazione e raggiungono la meta nella sintesi e nello scarto di ciò che è superfluo e non funzionale alla migliore resa dell’idea. Da qui, forse, l’assoluta mancanza di gerarchie fra gli elementi intrinseci e formali di tutto quello che fa.

Gordon Guillaumier (Malta, 1966). Dopo gli studi di design a Malta, in Svizzera e in Italia e collaborazioni con aziende e designer, nel 2002 fonda a Milano il suo studio di consulenza e progettazione nel design e nell’architettura. Con un punto fermo e di successo nel settore dell’illuminazione, non c’è ambito del prodotto che non abbia indagato, interpretando l’arredo nella mutevolezza degli usi con chiarezza espressiva e funzionale. Riesce a indovinare una declinazione infinita delle forme geometriche, da cui ruba l’essenzialità, mutandone nei dettagli la linea di una curva, il tratto di un taglio, il segno di una cucitura domando i materiali più vari, che sembrano essere la fonte primaria delle sue ispirazioni emozionali.